STILL LIFE – UNA NON RECENSIONE

13 Maggio 2014

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Non conosco il cinema.
Ne apprezzo la fotografia, le storie che racconta, la musica, senza però avere un quadro di insieme abbastanza nitidio per poterne parlare con autorevolezza.
Guardo film, ecco.
E decido se mi piacciono o meno.
Ho un approccio emotivo che perlopiù mi discosta dalle opinioni di chi, invece, di cinema ne sa.
Vado poco al cinema, per pigrizia, e evito di buongrado i cineforum, per manifesta inferiorità intellettuale.
L’ aria che si respira appena prima la proiezione mi soffoca.
Mi sento inadeguata, circondata da intellettuali che capiranno tutto, gente che sicuramente avrà smesso di lavorare intorno alle tre, pranzato con calma, letto un libro, e si sarà potrata avanti con qualche recensione del film in programma, che avrà pure compreso, tutti che si conoscono, che parlano di quel capolavoro che devono assolutamente vedere ma di cui sarà difficile trovare una copia, insomma niente a che vedere con me che appena arrivata mi accortoccio nella poltrona come per nascondermi, che ho smesso di lavorare alle sette e mezzo incazzata nera, che sono passata al volo da casa per ingoiare rabbiosa un panino che mi rimarrà sullo stomaco e che mi sono ributtata in macchina troppo stanca e mal disposta per cercare un parcheggio in centro storico.

Forse per apprezzare un bel film è necessario anche preparsi ad accoglierlo, fatto sta che Still life, che ho visto al cinema, ad una proiezione organizzata da un cineforum, una sera che ero tornata molto tardi da lavoro, alla fine di una giornata faticosa, è davvero un film brutto.
Lento.
Monotono.
Scontato.
Rovinato oltremodo da un finale in stile Suore Dorotee anni 90.
Siete mai stati dalle Suore Dorotee? Sapete cosa intendo, no?

John May per lavoro ricerca i parenti di persone morte in solitudine.
Lo fa con vana maniacale diligenza, senza arredendersi all’emarginazione di sconosciuti che assomigliano tremendamente a lui.
Remissivo, ossesivo, asettico e solo, licenziato improvvisamente, dedica qualcosa di simile  a una contenuta passione  al suo ultimo caso.
E fin qui potrebbe sembrare una bel incipit.
Ma niente, il personaggio non evolve, rimane come inchiodato alla partenza.
Un’ora e mezza di solitudine fine a se stessa, ripetitiva, senza alcun tentativo di capirne le cause.
Senza riscatto, nè consapevolezza.
Vivo tra i morti e come morto tra i vivi, John May non gli è data la possibilità nè la volontà di migliorare.
E poi finisce tutto improvvisamente.
E se durante tutto il film il regista finge di non dir molto nel tentativo di condurre lo spettatore a una riflessione intima e profonda, sul finale ci spiattela una morale scontata davvero di poco gusto.

E niente, mi veniva in mente.
Perchè oggi mi hanno rercapitato una multa da settanta euro.
L’ ho preso quella sera, accidenti ai cineforum.
Che poi cineforum per me è sempre stato sinonimo di Corazzata Potemkin.
Dio l’ abbia in gloria.

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